“Dentro le parole”

di Dacia Maraini​

“Le raccolte di aforismi fanno parte di una tradizione letteraria che mette le radici in tempi lontani, è come infilare una collana di pietruzze che giacciono in fondo a un torrente. Quelle pietruzze hanno la loro ragione di essere anche se il loro destino era quello di fare da letto al fiume “ E’ così che Dacia Maraini dà inizio alla sua raccolta di aforismi – Dentro le parole – un libretto che mi sono trovata davanti circolando in libreria, l’ho letto e ho deciso di recensire questo piuttosto che uno dei suoi tanti libri, famosi e premiati. Le prime pagine le dedica all’amore ma, da donna di avanguardia e di esperienza quale è, certo non fa riferimento a quell’amore tutto cuoricini e baci e parole affettate che spesso sanno di finzione e scontatezza, né a quell’amore autentico che sfida ogni tempo e ama sempre e comunque, ma a quello che finisce spegnendo il desiderio, quello in cui due corpi smettono di annusarsi e cadono nel silenzio, non il silenzio complice ma quello imbarazzante che ti fa desiderare di essere ovunque meno che lì. Subito dopo passa al femminismo che lei definisce uno stare dalla parte dei perdenti ossia delle donne, quelle che da sempre si soffermano sulle piccole cose della vita quotidiana e, abituate come sono a rimanere nel piccolo cerchio domestico, è proprio da lì che riescono ad avere un giudizio sull’intero universo. “ Dio ci scampi da chi ci vuole proteggere e in nome della protezione ci controlla “ E’ uno slogan degli anni 70 ma è ancora molto attuale e, temo, lo sarà sempre. Dal girotondo delle donne femministe a quello delle donne madri, coloro che assicurano la prima abitazione all’essere umano, quel luogo tondo, buio, acquoso e tiepido che genera, fa crescere e mette al mondo, per poi ritornare ad appropriarsi di quell’abitazione anche se ormai è sgonfia, asciutta e fredda. Scontato, parlando di donne, arrivare allo stupro, quell’atto che la Maraini definisce di guerra : l’uomo contro la donna, oggetto da umiliare a proprio piacere con il dominio del proprio corpo imposto per superiorità fisica. Da grande penna quale è, ne parla senza provocare orrore, non fa immaginare sangue, ospedali, tribunali. No, lei descrive il prima di uno stupro e il dopo, dalla pelle all’anima di chi lo ha subito, fino agli sguardi che lei rende eloquenti pur senza parola. “ Quello che mi emoziona nei quadri è il mistero di una storia appena accennata “ Questa frase è il quadro di un quadro, l’ho letta e mi sono rivista al National Gallery di Londra quando ammiravo un ritratto vittoriano e mi chiedevo che vita si nascondesse dietro quella donna tutta cuffietta e colletti, che sorrideva appena guardando la propria spalla. Chi, amante dell’arte, non fantastica su cosa si nasconda dietro un quadro e quello che rappresenta, su cosa c’è oltre quei tratti di pittura o cosa l’autore volesse lasciare ai posteri oltre una bella tela incorniciata ? E si viaggia sulla fantasia con le emozioni che l’artista ci propone di fare nostre, elaborandole e fissandole nel cuore oltre che nella memoria. “ Il viaggio allunga il tempo della nostra vita, scandendolo attraverso il ritmo delle esperienze nuove “ E lei viaggia molto, lo fa soprattutto per vincere la tentazione alle abitudini che, invece, hanno il difetto di accorciarlo il nostro tempo. Esplora mondi, osserva volti, conosce colori, musiche, tradizioni opposte alle nostre e se le porta tutte con se. Entrano in qualche modo in un suo scritto, e se ne sente arricchita. Ovvia la chiusura. La Maraini conclude parlando di scrittura, quell’arte che la porta a chinarsi su di un foglio per immergersi nel mare delle parole e rivolgersi a qualcuno che vicino non è, parlargli come vuole, raccontargli ciò che vuole, narrare più di una cantastorie medioevale. La conclusione mi spiazza. Parlando del lettore lei lo indica come colui che può decretare il suo successo o il suo insuccesso. “ Chi scrive tende una mano, se qualcuno non l’afferra, si sente rifiutato “ Dacia Maraini non lo è stata mai, eppure ancora trema al pensiero che il suo successivo libro, una volta pubblicato, non piaccia. A quale rifiuto si riferisce ? Quello puramente editoriale o l’altro tutto personale e radicato nella sua storia di donna ? Preferisco credere alla seconda ipotesi.
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