Alle porte del borgo sospeso

di Annamaria Porrino​

Ci sono persone, ed io spesso mi ci rifletto, che restano ammaliate dagli anni passati con una nostalgia, innocente, che le porta a tornare retro per riprendere passi interrotti da una evoluzione non gradita, a tratti ritenuta involuzione.
Un desiderio di toccare la sfera del passato, rotolarcisi sopra come giocolieri ed indietreggiare fino a dove sono certe di essere giunte nel luogo e negli anni dove ancora vorrebbero vivere. Una fantastica evasione da tutto quello che nel presente reale non piace, e si sa che non può essere cambiato. O almeno non del tutto.
Eh sì, perché l’arte del recupero, sia essa di oggetti, di professioni, di estrosità manuali, di luoghi, di coltivazioni, di produzioni, ora è più che mai attuabile e lo dimostrano le tante persone che hanno realizzato progetti sulla carta impossibili, concreti invece nel compiacimento verso loro stessi, la loro tenacia, i loro valori intonsi. Un divenire, cioè, del sogno concretizzato, della brama appagata, della commozione nel vedere il risultato dinanzi ai propri occhi, di toccarlo persino, vivendo nella gioia rara di sentirsi realizzati in esso.
Tra queste persone c’è Beatrice Tognarelli, una delle nostre Silenziose.
Beatrice abita in un casolare nella campagna dell’alta Toscana, era di sua nonna, lei lo ha restaurato ed ora, felice, ci vive. Io la scoprii alla vigilia dell’uscita del suo libro “Il Brolo di Marta, alle porte del borgo sospeso”. Ci telefonammo, la sua smania di realizzare i suoi progetti era contagiosa, le dissi che avremmo fatto qualcosa insieme ed ora eccoci, lei si racconta e ci racconta, io le offro la mia vetrina.
Il resto lo farà il tempo. Questo tempo.

“Chi come me ha vissuto in piccoli borghi, sa che ogni muro di quelle case racconta storie, sapori e vite di donne forti, donne che tessevano, ricamavano, cucivano abiti e rammendavano quelli logori, donne che usavano l’uncinetto e creavano capolavori”

Ecco, lei ci ha vissuto e lo ha amato il suo borgo, scontato che desiderasse recuperarlo, ma Beatrice va oltre, vuole infatti che possa divenire un ritrovo di donne artigiane e artiste.
Si inizia da lei e con lei, il resto verrà.
In piena pandemia, ai domiciliari come tutti noi, Beatrice inizia a dare forma a questo sogno attraverso la scrittura.

“Due donne, due io, che decidono di sfidare gli stereotipi per cimentarsi nel loro sogno di trasformare la loro sfida in quella di un intero borgo, realizzando quel passaggio che sempre più manca alla società nella quale ci è dato vivere: il passaggio dall’io al noi, l’unico in grado di continuare a dare senso e valore al concetto di comunità intesa come complesso di relazioni umane ed economiche, ma anche di identità e appartenenze. Amo i luoghi sospesi tra passato e futuro, è da anni che lavoro sulla – archeologia dell’alimentazione – scoprendo e riproponendo vecchie ricette culinarie, il tutto all’interno di un vecchio casolare con le sue serre per produrre e soddisfare fabbisogni quotidiani.
Tutti questi progetti finiscono nel mio primo libro – Il Brolo di Marta alle porte del borgo sospeso – Il baule del dimenticatoio che in tutte le case avevano le nostre nonne è adesso il mio scrigno. I miei libri mi hanno aperto una strada infinita che neppure io sapevo dove mi avrebbe portata. È nato il mio progetto, giro tra borghi, riunisco donne, si lavora insieme, tra i nostri fili s’intrecciano storie. L’eco delle montagne trattiene ciò che non deve essere perduto. Una mia mostra, su questo tema, presto sarà in un museo. È questo il concreto inizio di ogni cosa”

Scontato che Beatrice, scavando tra ricordi passati e suggestioni presenti, abbia recuperato le migliori immagini della sua infanzia. Ed eccola lì, incarnata di nuovo, sua nonna che le insegna l’uso dell’uncinetto. Al telefono Beatrice mi disse: ho ripreso quell’attrezzo e lo uso ovunque, a volte anche mentre sono seduta ad un tavolino di un bar, e c’è sempre qualcuna, anche giovane, che mi viene vicino e mi chiede di insegnarle come si fa, ed io lo faccio, per loro, per me.
Ce l’ha fatta, le sue mani sono divenute operose come quelle di sua nonna.
Scontata l’altra pubblicazione – Punti sospesi nel tempo – dove si narra e si opera, mente e mani coordinate per dare continuità al tempo bello.
“Cosa è?” le chiedi “E’ arte in movimento” risponde.
A lei, a tutte le donne che in ogni settore stanno sperimentando le alternative al brutto che le circonda, che diventano formiche operose contro gli eserciti globalizzati, che diventano artiste quando non sapevano di esserlo, che recuperano ogni valore, che diventano autonome in una vita nuova e appagante, persino lenta, e ne godono; a tutte le donne che dicono no alle imposizioni della moda, della tv, a tutte quelle che sanno risorgere dopo aver causticato le ferite, a tutte quelle che per questo sono bellissime e finalmente lo hanno capito, noi Silenziose le accogliamo, offriamo la nostra vetrina e nel nostro silenzio le applaudiamo.

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