Mary Shelley

Mary Shelley, scrittrice, ottocento

Dove amore per amor tuo io non posso seguirti…

Mary Shelley

È lei quella che scrisse Frankenstein, e aveva soltanto 19 anni.

La sua vita fu un’odissea di dolori. Fu ripudiata dal padre, un intellettuale molto stimato, perché innamorata del poeta Percy Shelley che era però già sposato. I due fuggirono insieme, e per alcuni anni soggiornarono in Francia e in Svizzera. Durante questi anni i due tennero un diario congiunto, interessante testimonianza che ha permesso di seguire i loro percorsi di vita e di scrittura. Senza più indipendenza economica tornarono in Inghilterra, ma non ricevettero alcun aiuto, neanche dal padre di Mary che non volle perdonarla. Ritornarono in Svizzera prendendo alloggio vicino la dimora di lord Byron. Fu qui che Mary scrisse i tratti principali di Frankenstein. 

 

Una sera, loro e altri intellettuali frequentatori del salotto di Byron, decisero di sfidarsi sulla scrittura gotica horror, ognuno doveva buttar giù un racconto su questo stile. Lei impiegò tempo, era confusa ma poi, spinta dalla evidente sfiducia nei suoi confronti, ossia che una donna non potesse mai essere capace di ideare qualcosa di horror che invece gli uomini avrebbero certamente realizzato con più facilità, si impose di riuscirci. E allora iniziò a pensare ad un medico avido di esperimenti che riesce a creare una creatura viva mettendo insieme parti dei corpi di persone già decedute, disseppellite e ricompattate in laboratorio. Ne venne fuori una sorta di mostro come fattezze, doveva appunto fare ribrezzo nonché paura, ma al tempo stesso lo creò buono e, nello sviluppo della storia, la violenza e il sangue così dettagliatamente descritti, erano scaturiti dal male che quel mostro aveva ricevuto.  Il mostro per natura è buono ma è quando entra in contatto con la società che lo emargina perché brutto e repellente che diviene cattivo. Questo era quello che lei voleva dimostrare attraverso quel romanzo, non si nasce cattivi, lo si diventa per colpa del male che altri ti fanno subire. 

Il romanzo fu completato e pubblicato in forma anonima, chi sapeva pensò che fosse opera di Percy e non di lei. Intanto la vita di Mary continuava a procurarle dolore. Dopo il suicidio della moglie di Percy, lui la sposò e nacquero figli dei quali soltanto uno sopravvisse, gli altri morirono tutti. Tra questi lutti dilanianti Mary dovette anche affrontare la grande povertà, le poesie di Percy non erano sufficienti neanche a procurare il cibo quotidiano, più volte subirono il sequestro dei mobili rimanendo soltanto con un letto e una sedia. Come se non bastasse, dovette infine subire l’umiliazione dei tradimenti di Percy che l’amava, ma non riusciva a non interessarsi anche ad altre donne. Durante un soggiorno in Italia, Percy morì annegato. Con tutto questo bagaglio di tragedie e un solo figlio superstite, Mary tornò in Inghilterra dove riuscì a vivere meglio grazie all’aiuto del suocero che finalmente si mosse a pietà di lei, ma non suo padre. Curò le edizioni delle poesie di Percy e fece di nuovo pubblicare il suo Frankenstein, questa volta con il suo nome, da sposata però, Mary Shelley. Il romanzo ebbe subito successo ma Mary non avrebbe mai potuto immaginare che sarebbe sopravvissuto anche nei secoli, e che il nome del suo personaggio sarebbe stato noto anche alle pietre della strada. Alla sua morte, il figlio, in un cassetto della scrivania della madre, trovò un foglio accartocciato.

 

Lo aprì delicatamente, c’erano scritti dei versi del padre, in mezzo un mucchietto di polvere, erano le ceneri del suo cuore. Era così che il cuore di quel poeta che Mary aveva tanto amato era rimasto con lei mentre scriveva, o meglio mentre continuava a scrivere anche senza di lui. E poiché lui non poteva più farlo, lo faceva lei anche per lui, mantenendo vivo il suo nome grazie alla sua firma: Mary Shelley. Lei lo fece con questo intento, ma per tutti lei era stata e ancora è la moglie del poeta, non la scrittrice e l’autrice del più famoso romanzo horror sia mai stato scritto. Tutti conoscono Frenkenstein, ancora oggi, ma quanti sanno che lo ha scritto una donna dell’800 che non è stata soltanto la moglie del famoso poeta Percy Shelley?

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